lunedì 18 giugno 2012

L'isola che non c'è

Göteborg è anche mare, e soprattutto isole, quelle degli arcipelaghi. Per non smarrirsi troppo, meglio partire da quello più vicino, e dall'isola più piccola, la pittoresca Köpstadsö, dove le strade sono a tal punto stretti vicoli che persino per i motorini l'accesso è vietato... ma non per le carriole; a quanto pare, a ogni abitante sembra spettarne almeno una (certi nomi compaiono però anche più d'una volta... ah, i capitalisti del villaggio).

Non c'è una strada principale, tantomeno esistono indirizzi e numeri civici, solo un tracciato talvolta appena accennato che magari si va a perdere sul prato dell'ultima casa; a ogni casa il suo ampio giardino a prato inglese, a ogni giardino i suoi fiori (colorati di tanto in tanto come la bandiera svedese) con concessioni all'artigianato domestico (vasi, buchette per la posta, e... bandiere svedesi), e poi a scelta un affaccio sul mare o per altro verso addirittura su un campo da tennis più performante di Wimbledon o perché no su quello da calcetto (la pista di sci probabilmente è chiusa per manutenzione). In tutto non più di cento persone; non più di quindici quelle incrociate lungo la via nelle due ore abbondanti di perlustrazione, bebé e cane da passeggio inclusi.
Non polizia, ma non per questo assenza di pericolo: cosa può succedere infatti a voler raggiungere un modestissimo punto panoramico, se in cima si scoprono giacervi tre uova piuttosto grosse, tra il verde e il giallo a macchie irregolari marroni? Che nel giro di non più di tre secondi inizierà a volteggiare in aria un gabbiano mai grande quanto in quel momento, che il secondo successivo avrà già richiamato a sé ampi rinforzi, pronti a planare all'attacco secondo traiettorie incrociate in un bombardamento di avvertimenti acustici. Che negli ulteriori cinque secondi la fuga sarà già compiuta.
Non una piazza, neanche un angolo per la più imprevista delle pipì, nessun negozio, né un classico luogo pubblico perché tutto è già per tutti; una bacheca di avvisi e proposte, questa sì, senza dubbio l'antesignana di facebook. E un paio di misteri: palloncini bianchi a segnare un ignoto percorso fin verso a un approdo sul mare, e un'unica (arrugginita) indicazione "stradale": telefono-telegrafo. In mancanza di un ufficio informazioni o dell'equivalente capannello di vecchi spettegolatori, la risposta (anzi, due) si trova ai margini di un su e giù qualsiasi: a preparare un giardino stanno madre e figlia, nipoti... di colei che fino agli anni Settanta, proprio nella casa attigua, deteneva l'unico telefono dell'isola, cui chiunque si poteva rivolgere semplicemente bussando a uno sportello di legno; qualche attimo d'attesa per essere messi in comunicazione, in diretta da quella che oggi non è altro più che una sala da pranzo verandata. Forse solo qualche giorno fa si sarebbe faticato a trovare la linea libera: a Köpstadsö, un matrimonio non è fatto quotidiano; ma il ricordo resta almeno il tempo che dei palloncini si sgonfino.


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